Burano, l’arcobaleno del Veneto

La città più colorata che io conosca.
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Se si può ripartire dopo il lockdown, io riparto da qui. Dall’arcobaleno che abbiamo disegnato in questi mesi sofferenti.
Dai colori della speranza che abbiamo appeso fuori dai nostri balconi. Dal mio Veneto.

Colori, colori e colori…
A contrastare il nero di un periodo buio, un tunnel lungo e scuro che sembrava non avere fine…
Ma cosa c’è da vedere poi a Burano?

In questa pittoresca isola di Venezia c’è solamente da perdersi per ogni viuzza, lasciarsi trasportare dalle vibrazioni positive e dall’energia di una palette cromatica infinita, ammirare ogni scorcio, immaginare la vita all’interno delle meravigliose case dei pescatori, una più bella dell’altra. E ovviamente fissare la vivacità di questo incantevole borgo con un miliardo e mezzo di fotografie!

Siamo arrivati dal mare, prendendo il vaporetto actv da Punta Sabbioni.
Ci vuole circa una mezz’oretta e si è catapultati in questa isola della Laguna di Venezia, uno dei borghi più colorati al mondo.
Il nome Burano deriva dalla “Porta Boreana” chiamata così perchè posizionata a Nord-Est, direzione da cui soffia la bora.
Appena si scende ci si trova in un parco verde dove c’è la scultura dell’artista Remigio Barbaro, e man mano che si prosegue, ci si inoltra nel vivo delle stradine su cui si affacciano le tipiche case dei pescatori, una più simpatica e colorata dell’altra.
Si racconta che fossero così colorate e personalizzate in modo che i pescatori potessero facilmente riconoscere la propria abitazione al ritorno dalle loro imprese di pesca, ma qualcuno sostiene fosse anche perché i pescatori veneti tendevano ad alzare un pò il gomito la sera e la porta sulla propria coloratissima casa fosse un modo più lucido per rincasare dritto nel posto giusto… Chissà poi qual’è la verità, fatto sta che ora come ora, gli abitanti di Burano non possono cambiare e tinteggiare a caso le loro dimore, pena una multa di ottanta euro!

Burano al tempo del Covid-19 è silenziosa, non c’è molta gente in giro nel primo weekend di apertura voluto dal nostro governatore Luca Zaia. Si indossa la mascherina, pochi turisti che mi sento privilegiata ad avere le calli tutte per me. Per una volta apprezzo la calma e il silenzio che sembrano mettere ancor di più in risalto la bellezza insolita di quest’isola, una perla color arcobaleno di incredibile rarità.
Un passeggiare lento ammirando dettagli, fotografando scorci, fino a Piazza Galuppi, l’unica piazza dell’isola.
Su e giù per ogni caletta, sbirciando attraverso finestre e tutti quegli ingressi strampalati con le scope appese, fermarsi ai negozietti, su e giù per i piccoli ponti, curiosare ogni angolino in cerca di particolari, fotografare ogni istante di questo borgo da favola. Ecco cosa ti aspetta se passi da Burano, una gita che ti darà una carica pazzesca perché ogni angolino qui ha una storia vivace da raccontare ed è pura magia.

Il sole illumina i quartieri, asciuga i panni stesi, accarezza i miei pensieri rimasti intrappolati per giorni e giorni pieni di angoscia… Sembrano essere tornati finalmente liberi, e questa euforia ancora non mi sembra vera.
Ho fame e sete di sapere, parlo con la gente, chiedo informazioni, scopro cose che nelle gite precedenti qui, non avevo notato.  Il campanile storto di Burano per esempio, è sempre stato così? Ma quanto è storto?
Basta mettersi li sotto… Ci vorrà davvero poco a rendersi conto di quanto è pendente! Non so esattamente, ma secondo me sfida bene la torre di Pisa. Nel nostro momento di pausa ci sediamo vicino all’acqua su una panchina, c’è chi mangia un panino e c’è chi (io!) attacca bottone con le persone del luogo. Una signora quasi novantenne, tutta elegante e raffinata, passeggia lenta col suo girello e mi indica la pendenza del campanile. È proprio storto, dice che è venuto persino un signore dall’America per sistemarlo alla base con degli appoggi speciali per non farlo cadere, e resto rapita ad ascoltarla. Ha figli e nipoti, dice che per loro è triste vedere l’isola così deserta, quasi noioso… sono abituati ai turisti, al loro frenetico via vai e la calma che regna ora per loro è solo la conferma di una grande paura.
Come la capisco…

Mi cambio d’abito (perché è sempre utile avere un cambio in borsa, sappiatelo!) e dò libero sfogo ai click con la mia macchina fotografica. Raggiungiamo l’incrocio dei Tre Ponti e scatto anche qui un duetrecento foto ??
Questo punto collega tre canali e tre, tra le vie più colorate di Burano: Via Giudecca, Via San Mauro e Via San Martino Sinistro, sulle quali si affacciano casette variopinte e vivacissime. Per me è quasi un sogno immortalare luoghi così senza tanta gente intorno, mi godo il sole sulla faccia e l’entusiasmo mi colora di idee.

Conoscete i dolci tipici di questo magico posticino veneto?
Il Bussolà è il dolce caratteristico a forma di ciambella, associato alla Pasqua: è un’usanza tipica di Burano e della tradizione veneziana che le signore, qualche giorno prima di Pasqua, vadano nei panifici o delle pasticcerie dell’isola e si facciano cuocere l’impasto per i bussolà pasquali, da condividere poi in famiglia e da conservare per tutto l’anno.
Questi in foto sono le Esse di Burano o, al plurale, Essi di Burano, biscotti a forma di “esse” appunto che sono in pratica una variante del Bussolà come forma, ma sempre con lo stesso impasto di frolla gustosa. Gli ingredienti nutrienti e ricchi sono uova, (tanti tuorli) zucchero, farina e burro: una volta uniti tra loro danno vita a un prodotto che può essere conservato a lungo nel tempo, dei biscotti piuttosto calorici che hanno comunque un loro perché. Nei tempi passati erano una vera scorta di energia che le mogli preparavano per i loro mariti pescatori, costretti per lavoro a trascorrere lunghi periodi in mare e lontani da casa. Il Bussolà provvedeva a garantire per lungo tempo una sana alimentazione ai marinai e dava loro le energie sufficienti per affrontare la vita di mare. Si dice inoltre che il bussolà buranello, aromatizzato alla vaniglia, al rum o al limone, venisse usato per profumare la biancheria nei cassetti. Ci credo, sai che profumo di cose buone si sprigiona!

Da non perdere una visita alla Pescarìa Vecia, come la chiamano i buranelli abitanti di Burano, forse il luogo più amato dai romanticoni che adorano i tramonti mozzafiato sulla laguna, e la casa di Bepi Suà, o Bepi delle Caramelle, l’abitazione più colorata e decorata di tutta l’isola.
Bepi, il signor Giuseppe Toselli, era amante della pittura e un appassionato di cinema che lavorava al  Cinema Favin, come impiegato, manutentore e come uomo delle pulizie; quando il cinema chiuse, si mise a vendere caramelle nella Piazza Galuppi. Nelle lunghe sere d’estate, organizzava il cinema all’aperto nel suo campiello e proiettava cartoni animati e film su un lenzuolo bianco appeso alla parete della sua abitazione.
Finchè era in vita, Bepi ogni giorno arricchiva con decori geometrici e nuovi disegni la sua casa, così da renderla originale e particolarissima e anche se ora questo strampalato artista non c’è più, la sua casa è divenuta famosa il tutto il mondo.

Scarpe comode allora, tanta emozione e occhi curiosi, vi invito sinceramente a scoprire questo borgo meraviglioso.
Resterà una delle esperienze più belle tra i vostri viaggi.

Riprendiamo il vaporetto, facciamo il giro grande per mare fino a toccare Venezia che è insolitamente di nuovo piena di gente. Credo sia stato faticoso per tutti rimanere chiusi in casa per tanti interminabili giorni che ora c’è solo voglia di uscire, di assaporare tutto, di tornare a vivere.

È già sera. Un micio si riposa annoiato all’ombra, un altro miagola e se ne va, il sole bacia il mare in un altro magico incontro.

Ho sulla pelle tutti i colori di Burano, come un tatuaggio di mille colori.

? Sonia

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