Lanslebourg Mont-Cenis
“Guardo le stelle cadere e l’unico desiderio che ho è stringere la mano a chi le ha inventate”.
A dire il vero ne ho tanti di desideri… come si fa a limitarsi ad uno soltanto?
La notte di San Lorenzo noi l’abbiamo passata così, sul cucuzzolo più alto delle montagne tra l’Italia e la Francia, sperduti in un bosco dove una volpe ci ha dato il benvenuto e all’improvviso è diventato inverno. L’aria si è fatta gelata, mancava un piccolo falò, una tazza fumante e i marshmellow da abbrustolire (e pensare che li avevo pure visti in autogrill) ma eravamo così vicini al firmamento che neanche ai tempi del campeggio
da ragazzina mi ricordo di averlo mai visto così pulito e limpido.
Siamo saliti sul tetto del camper, eccitatissimi, ci siamo infilati nei sacchi a pelo e avvolti nelle coperte
e, distesi col naso all’insù, stretti strettissimi per scaldarci abbiamo visto lo spettacolo più bello:
un scia bianca e mille puntini scintillanti grandi e piccoli, strisce luminose come lucciole nei campi d’estate, mi hanno regalato un’emozione pazzesca.
Che stare in pace con l’universo intero riassume forse il desiderio più grande e le ho viste, si…
Le stelle cadenti.
Un battito di ciglia, velocissime come un respiro, eleganti di luce e così belle che appena scivolano giù
dal cielo ti chiedi se le hai viste veramente. E urlavamo in mezzo alla notte indicandole con il dito, “eccola eccoolaaaa”,
facendo a gara a chi ne vedeva di più.
Ovviamente i ragazzi ne hanno contate un sacco ma io posso vantarne ben quattro.
Quattro stelle cadute sulla mia fronte, sul mio naso, si voglio pensare che erano tutte per me, solo per me in quella vallata sperduta,
io sospesa nel cielo buio di una notte d’agosto.
Mi stropiccio gli occhi, metto su il caffè, sono circa le sei stamattina è prestissimo ma non resisto, sbadiglio ed esco fuori a vedere dove siamo.
E la natura incantevole mi sorride così.
Inizia così, un altro viaggio in camper, una avventura tutta nuova da vivere a tappe proprio come piace a me: cartina geografica alla mano, penne e matite per cerchiare i paesi più belli, quaderno d’appunti, macchina fotografica, curiosità e voglia di scoprire il mondo.
I miei viaggi sono così… un pò programmati, un pò allo sbaraglio, sempre pronti a qualsiasi deformazione di percorso durante il tragitto. E così scopro ogni volta luoghi di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza, bello no?
Il Moncenisio è uno spettacolo.
Un paesaggio da fiaba racchiuso tra le montagne rocciose dette anche “porta delle Alpi”, un colle tra Italia e Francia dove l’attrazione principale è il lago artificiale coi suoi incredibili riflessi azzurri.
Si trova appena al di là del confine francese, incastonato a 2083 metri di quota, terra al limite tra l’alta Maurienne, la val Cenischia e la valle di Susa.
Noi arriviamo da Torino e decidiamo di non fare il Traforo del Frejus, ma di gustarci la natura attraversando tutti i piccoli paesi di confine, un passaggio che vale davvero la pena piuttosto del tragitto lungo e grigio, anche se più veloce, dell’autostrada.
Arriviamo di notte, come vi ho espresso nel mio racconto, ma al risveglio un panorama incantevole ci delizia gli occhi, la mente e il cuore, che non hanno altro da fare se non contemplare tanta bellezza. La diga, le fortificazioni, le distese verdi, i pascoli pieni zeppi di fiori, le rocce variopinte di licheni che le ricoprono… Piccoli fiordi dal colore cangiante, che ricordano la Norvegia, si snodano nel tratto di strada sterrata che vi gira attorno, strappando ulteriori emozioni di meraviglia.
Il Moncenisio è così: quasi un’oasi di pace strappata al caos del mondo in cui si entra in punta di piedi, in ascolto profondo…
Si respira aria buona, la genuinità delle cose, la terra e la sua storia, si fa scorta per lo spirito sentendosi di sicuro più ricchi senza un motivo particolare
e si è pronti per proseguire il viaggio, sicuramente sentendoci diversi da quando si è arrivati.